PIU’ DI QUARANTA LETTERE PER ETLA E CHAIM

(Quattro Castella, 27/01/2025) – Questa mattina, in concomitanza con la Giornata della Memoria, è stata aperta la cassetta della posta collocata davanti all’abitazione dove dal settembre 1941 al novembre 1943 vissero Etla Felman e Chaim Moszek Cywiak, una coppia di ebrei polacchi trattenuti in “stato di internamento libero” a Quattro Castella prima di essere deportati a Fossoli e successivamente ad Auschwitz.

Al suo interno 42 lettere, la maggior parte scritte dagli studenti delle classi terze della scuola media “Balletti” che hanno studiato la vicenda di Etla e Chaim ripercorrendone gli anni castellesi sulla base dei documenti ritrovati qualche anno fa, quasi per caso, nell’archivio storico del Comune, durante un lavoro di ricerca.

Studenti presenti oggi davanti all’abitazione di Etla e Chaim in via dei Mille, con una delegazione di tutte le sezioni delle classi terze accompagnata dalla professoressa Roberta Castellari. Insieme a loro il sindaco di Quattro Castella Alberto Olmi, l’assessore comunale alla cultura Danilo Morini, l’assessore alla scuola Sabrina Picchi, la presidente del Consiglio comunale Claudia Palomino e, in rappresentazione dell’Anpi, Iames Iori.

«Il popolo ebraico è passato da qui, e lo ha fatto nelle sue modalità più fragili – le parole del sindaco Alberto Olmi – Etla e Chaim non erano persone potenti o ricche, erano una giovane coppia come tante altre, la cui vicenda fa sì che anche Quattro Castella in un certo senso sia stata coinvolta nella grande storia. Grazie al lavoro fatto insieme all’istituto comprensivo e alla Biblioteca, negli anni scorsi abbiamo ridato vita a queste persone, ricostruendone il volto come in un identikit immortalato in un disegno che ora è collocato in Municipio».

«E’ un bellissimo esempio di come la memoria possa uscire nelle modalità più inaspettate – ha aggiunto l’assessore alla cultura Danilo Morini – Questa storia è stata dimenticata dal paese per decenni. Ma è come se avesse fatto di tutto per uscire e per tornare a noi. La nostra comunità non è stata in grado di aiutarli, allora non riuscimmo a salvarli, ma ora abbiamo il dovere di ricordarli, riportandoli a casa».